lunedì 22 aprile 2019

Chi ha paura della Rete?


Un sito d'informazione riporta in un articolo il discorso tenuto al TED (Technology Entertainment Design: è una conferenza che si tiene ogni anno a Monterey, California, e da qualche tempo ogni due in altre città del mondo) di Vancouver, Canada, dalla giornalista dell'Observer Carole Cadwalladr (qui sopra nella foto).
La giornalista in quest'occasione ha denunciato i pesanti interventi di Facebook nel Regno Unito in occasione del referendum per l'uscita del Paese dall'Europa. La denuncia è importante: le leggi elettorali e referendarie sono infatti rimaste ferme, e non solo in Gran Bretagna, a prima dell'avvento della Rete, così quello che è proibito fare in comizi, giornali, radio e televisioni, viene fatto in modo praticamente incontrollabile su internet. Non entreremo nel merito dello scoop della Cadwalladr: potete leggere i dettagli nell'articolo linkato. Riteniamo però di dover chiosare alcune delle sue conclusioni.
Se siamo d'accordo con la giornalista sul fatto che l'uso che Facebook e altri social network fanno dei milioni e milioni di dati a loro disposizione vada monitorato e controllato, e che sia necessario trovare il modo per impedire che se ne abusi come troppo spesso succede, confessiamo di essere molto meno preoccupati delle sorti di quella che la Cadwalladr chiama "democrazia occidentale", e per niente nostalgici dei "secoli di norme elettorali" minacciate secondo lei dalle nuove tecnologie.


La giornalista ammette che "la democrazia è in crisi, che le nostre leggi non funzionano più", e aggiunge che a dirlo "è un report del parlamento"; è convinta che l'attuale non sia più una democrazia, e ciò per colpa della diffusione su internet di "bugie anonime, pagate con denaro illegale, dio sa proveniente da dove". Tutto vero... se non fosse che quella che lei chiama Democrazia non è mai stata tale, e che questa è la causa degli attuali problemi politici dei paesi occidentali (e non). Quanto alla diffusione di notizie false, sicuramente quella di cui parla c'è stata, ma... come andavano le cose, prima dell'esistenza della Rete e dei social network? Molto semplicemente, l'informazione proveniva dall'alto, senza alcuna possibilità per i normali cittadini e cittadine di verificarle e tantomeno di poter comunicare la propria esperienza e "verità" se non in forma di "lettere al direttore", facilmente manipolabili o cestinate tout court. Quanto alla pluralità di opinioni, era assicurata solo dall'esistenza di testate e canali di diverso orientamento, ma tutti rispondenti a precisi interessi politici e/o economici. La "Voce del Cittadino" non ha mai raggiunto le edicole né l'etere, se non dopo essere stata controllata, selezionata e opportunamente indirizzata. L'informazione (compresa quella dell'Observer) ha sempre funzionato in modo verticale: nelle "stanze che contano" si decide cosa dire e in quale forma al "popolo bue" dei lettori/telespettatori. Fino all'arrivo della Rete, che ha reso la comunicazione orizzontale. Certo, chi ha in mano alcuni strumenti (come Facebook), ha ancora maggiori possibilità di manipolare la "realtà percepita", rispetto ai singoli cittadini e cittadine, ma questi hanno finalmente modo di far comunque girare il proprio punto di vista, la propria esperienza e dunque, nell'incontro delle informazioni, farsi un'idea un po' più varia e vicina al vero del mondo che li circonda.

Certo, per adesso il caos e la cacofonia prevalgono inevitabilmente sul dibattito ordinato e razionale, ma lo spazio è comunque aperto e utilizzabile, e non a caso i governi lo soffrono sempre più e il loro desiderio di "controllarlo" si fa sempre più forte (in alcuni Paesi già lo si fa pesantemente). Per parte nostra, dunque, lasciamo alla signora Cadwalladr la preoccupazione per le sorti della pseudodemocrazia oligarchica e le splendide leggi elettorali, come il rimpianto per i bei tempi in cui erano solo lei e i suoi colleghi a calarci dall'alto le loro verità, quali che fossero. Noi auspichiamo un passaggio a una reale democrazia, nelle istituzioni come nell'informazione. E, da questo punto di vista, stiamo dalla parte della Rete.




mercoledì 3 aprile 2019

La presa per... le urne


Questa oligarchia travestita da democrazia appare ormai schizofrenica: da un lato arranca, con metà degli elettori che ormai non fanno neanche più la fatica di andare a votare, tanta è la disillusione (e il disgusto) nei confronti di partiti e politici; dall'altro svela spudoratamente la sua reale natura fregandosene di partiti ed elezioni mettendo il potere direttamente nelle mani di chi l'ha sempre avuto: impresa e finanza; i notabili, che hanno servito fedelmente la causa fino a qualche anno fa condividendo alcuni privilegi, sono infatti anche loro ormai praticamente inutili.

Cominciamo con le elezioni. Alle varie tornate recenti di elezioni regionali, il dato appare costante nelle varie zone d'Italia interessate: a votare è andato circa il 53% degli aventi diritto. In pratica, un elettore su due sembra aver capito che andare a votare è tempo perso, come ci insegnava Benjamin Constant.



Nel dettaglio: in Abruzzo l'affluenza è stata del 53,125%, con un calo, rispetto al 61,55% della precedente tornata, dell'8,43% (fonte: Fanpage.it).

In Sardegna alle urne si è recato il 53,75% degli elettori, con un più 1,5% rispetto al 2014 (fonte: Sky TG24).

In Basilicata ha votato il 53,58%, rispetto al precedente 47,62% del 2013 (fonte: Sassilive.it).
Non sono numeri da record negativo: nel 2014, alle regionali dell'Emilia Romagna l'affluenza fu del 37,71%, con un vero e proprio crollo rispetto al 68,07 del 2010 (fonte: Banca Dati Elettorale dell'Assemblea Legislativa/Regione Emilia Romagna).
Per noi che sosteniamo la necessità di un passaggio a una forma di governo realmente democratica che faccia a meno di partiti ed elezioni e metta il governo del paese direttamente nelle mani di cittadini e cittadine, dovrebbe essere una buona notizia, ma non lo è. Purtroppo questo rifiuto delle elezioni non è dettato dalla consapevolezza della natura del sistema e dunque dal desiderio di passare a un altro, davvero democratico, ma solo dall'aver verificato la distanza tra istituzioni (che però non vengono messe in discussione) e cittadini, e dal disgusto per come - con la fine delle ideologie, di cui nessuno auspica il ritorno, sia chiaro - il personale politico sia diventato, per insipienza e avidità, assolutamente impresentabile.


Se questa è la situazione delle istituzioni più prossime alla popolazione, che dire di quelle più lontane, stanziate a Bruxelles? Si stanno avvicinando le elezioni Europee, e per evitare un'affluenza alle urne ancora più bassa di quella delle Regionali, partiti e media stanno battendo da mesi la grancassa dell'allarme: populisti, fascisti, nazisti e terroristi (per non parlar dei migranti) minacciano la nostra Santa Democrazia! Il gioco, è facile prevederlo, funzionerà una volta di più, e le posizioni così radicalizzate spingeranno le candide anime degli spaventati elettori dei vari schieramenti a correre ancora alle urne in gran numero per... l'ennesimo voto assolutamente inutile, come argomentava Alexis de Tocqueville.


Voto doppiamente ininfluente, nel caso dell'Europa, perché come spiega il sociologo tedesco Wolfgang Streeck (foto sotto) in un'intervista riportata da il manifesto, queste elezioni non servono a niente, giacché "Il vero potere legislativo è diviso fra il Consiglio e la Corte di giustizia, quindi il voto per il parlamento di Strasburgo non avrà conseguenze politiche". E aggiunge: "L’UE è una comunità di governi ed élite nazionali che agiscono a livello continentale per poter realizzare politiche di austerità, sottraendosi alla responsabilità di fronte agli elettori. I popoli della periferia che si ribellano, come in Grecia, poi vengono puniti. Per interrompere questo ciclo serve una radicale democratizzazione di fronte a un’istituzione tecnocratica come l’Ue".



Naturalmente la "democratizzazione" auspicata da Streeck è solo la solita oligarchia nella quale qualche potere (comunque teleguidato da industria e finanza) torna ai politici. Temiamo che non otterrà nemmeno quella: quando il sistema occidental-capitalista azzanna qualcosa non la molla facilmente, e l'attuale struttura della politica europea dove le decisioni sostanziali vengono prese dai nominati e non dagli eletti funziona troppo bene, per chi effettivamente governa.

Il sociologo prosegue auspicando la conquista di "spazi di azione ‘in basso’ in cui realizzare politiche sociali". In basso c'è un'unica cosa che può spostare la bilancia dagli assetti di potere esistenti: una reale democrazia. Ogni cambiamento interno al sistema oligarchico non muterebbe niente di significativo.

Perciò, per parte nostra, continueremo il nostro capillare, lento lavoro di informazione per svelare l'effettiva natura dell'attuale pseudo democrazia. Quanto alle elezioni, continueremo a tenercene alla larga, osservando malinconicamente come i cittadini vengono, ancora e ancora, presi per... le urne.


lunedì 1 aprile 2019

La cosa più importante


Tra i libri segnalati dal blog di Beppe Grillo c'è anche quello di David Van Reybrouck (vedete più in basso la copertina).
Il recensore però non lo deve aver letto con la dovuta attenzione, perché non si è accorto della "scoperta" più importante del saggio dell'autore belga, e cioè che quella che ci siamo abituati a chiamare "democrazia" in realtà non lo è mai stata, ma anzi è nata proprio in funzione antidemocratica: si scelse (e Van Reybrouck elenca un buon numero di testi dei Padri Fondatori a dimostrazione di quanto ci svela) di governare tramite rappresentanti perché la sola idea di una reale democrazia faceva inorridire i mercanti e notabili usciti vincenti dalle rivoluzioni americana e francese. Perché, una volta liberatisi di nobili e aristocratici, avrebbero dovuto dividere il potere con il popolo? Meglio affidarlo a rappresentanti che condividessero i loro stessi interessi o vi si piegassero in cambio di una lucrosa "carriera" in politica. 
E questa non è cosa sulla quale si può sorvolare, perché da questo fatto dipende il funzionamento perverso del sistema di governo che ci fanno credere essere l'unico praticabile, proponendo come sola alternativa la tirannia.


In realtà un'alternativa esiste: il passaggio a una REALE democrazia. Nel suo libro (e l'abbiamo ripresa anche nel nostro "Democrazia davvero") Van Reybrouck, insieme allo studioso statunitense Terril Bouricius, si è anche avventurato a immaginare un'architettura istituzionale in grado di garantirne il funzionamento. Quello che manca per compiere un simile passo - l'UNICO capace di tirarci fuori dal pantano sempre più mefitico del sistema di governo rappresentativo basato su partiti ed elezioni - è la consapevolezza della natura oligarchica di quella che ci spacciano da due secoli per democrazia, messaggio assai difficile da far passare visto che, come insegnava Mark Twain, “è molto più facile ingannare la gente, piuttosto che convincerla che è stata ingannata”.



A che serve un presidente?

Con la grancassa di giornali e tivù (e inevitabili riverberi sui social) sta andando in onda l'elezione del presidente della repubblica....