mercoledì 12 giugno 2019

Il santino Berlinguer



In occasione del 35esimo anniversario della scomparsa di Enrico Berlinguer, Marco Travaglio ne approfitta per sbeffeggiare (giustamente) su il Fatto Quotidiano il segretario piddino Zingaretti che, a proposito della notissima intervista dello scomparso sulla "questione morale", prova a predicare bene mentre il suo partito continua a razzolare malissimo.
Richiamando il testo esatto dell'intervista, Travaglio ricorda che secondo Berlinguer i partiti non facevano più politica, ma erano ormai "macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune… Non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un ‘boss’ e dei ‘sotto-boss’”, e "hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo, (...) gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai Tv, alcuni grandi giornali.".


Travaglio puntualizza che il segretario del defunto PCI si riferiva alla Dc e al Psi. Sia lui che Berlinguer dimenticano che in realtà anche il PCI, dove poteva (nelle regioni rosse in primis), stava facendo la stessa cosa: chi c'era sa benissimo che in città e province governate dal Partito Comunista, se avevi la tessera in tasca un posto di lavoro in qualche azienda di trasporto o organizzazione di portuali lo trovavi più facilmente. Ma non ci interessa dire che ad accomunare tutti i partiti, PCI incluso, fossero corruzione e intrallazzi: sulla natura nefasta, "religiosa" e intrinsecamente totalitaria dei partiti ha già detto tutto quello che c'era da dire Simone Weil (nel nostro saggio ne diamo ampiamente conto), e questa non cambia quale che sia l'evoluzione che essi subiscono nelle differenti epoche, situazioni geopolitiche e sociali. Che diventino dittature o comitati d'affari  (difficile dire cosa sia peggio), una cosa è certa: in quanto strutture gerarchicamente verticistiche, non hanno MAI avuto intenti o tantomeno esiti democratici, ma sempre e soltanto lo scopo di affidare alle segreterie la gestione del potere, maggiore o minore, di volta in volta conquistato.

Ci perdonino perciò coloro che, nello squallore dell'attuale "politica del pubblico" o "dello spettacolo", come la definisce Bernard Manin, tendono a verniciare di santità passate figure di segretari-oligarchi di partito come Berlinguer. Noi preferiamo continuare a perseguire l'obiettivo del passaggio a una reale democrazia, dove cittadine e cittadini prendano a turno in prima persona le decisioni sulla propria vita, spazzando via una volta per tutte partiti e politici di professione, più o meno corrotti, più o meno "santi". 




lunedì 10 giugno 2019

Una finestra per lavare il cervello


Mai sentito parlare della "Finestra di Overton"? Se ne parla dettagliatamente qui, ma per riassumere possiamo dire che si tratta di uno schema di comunicazione, di persuasione e manipolazione delle masse secondo una serie di passaggi successivi, sei in tutto (li trovate elencati nell'immagine d'apertura) che consentono, con un martellamento costante dell'informazione, di passare da una condizione di rifiuto totale di un'idea, alla sua completa accettazione e relativa legalizzazione. Può valere per l'accettazione del diverso quanto per il rifiuto di esso. E tutto questo, come si spiega nell'articolo, "senza forzature, senza violenza fisica, la violenza, semmai, è subdola, riguarda la mente e le coscienze dell’umanità. Tutto questo trasbordo ideologico inavvertito, può essere attuato perché viviamo in una società che crede ciecamente a tutto ciò che proviene dai media, una società pronta, imbevuta di relativismo etico e che è ormai priva di valori non negoziabili."

Nell'articolo linkato si dice anche che "uno dei trucchi previsti consiste nel cambiare nome a quel concetto, per farlo apparire da subito più bello”, per esempio chiamando "antropofilia" il cannibalismo! Esattamente quello che è successo (come abbiamo spiegato in modo esaustivo nel nostro "Democrazia davvero") con il sistema di governo basato sui "rappresentanti", perciò con tutta evidenza oligarchico ("governo di pochi") e instaurato da una "aristocrazia elettiva", come la chiamava Rousseau, che ne ha imposto l'adozione gridando contro la democrazia, che sarebbe stata perniciosa e inefficace (a dimostrarlo ci sono i testi dei "padri fondatori" delle repubbliche nate dopo le rivoluzioni americana e francese; trovate anche quelli sul nostro saggio). Però dire che il sistema era oligarchico ed elitario avrebbe potuto apparire sgradevole, così prendendo l'etichetta che Alexis de Tocqueville aveva attribuito (solo in piccolissima parte motivatamente) ai nascenti Stati Uniti d'America, l'hanno allargata all'intero sistema repubblicano parlamentare e per due secoli ci hanno fatto il lavaggio del cervello, convincendoci che quel sistema - nato in opposizione a qualsiasi ipotesi di democrazia, vale la pena ripeterlo - era la perfetta personificazione di quest'ultima.

Ora che le voci che smentiscono questa convinzione ormai radicata si stanno moltiplicando (Yves Sintomer, David Van Reybrouck, Luciano Canfora, Jacques Rancière, Massimo Fini...), a che punto siamo, secondo la Finestra di Overton, nel far passare la consapevolezza che il nostro sistema è oligarchico, che al posto di un'aristocrazia basata sulla nobiltà ci stanno imponendo da un paio di secoli quella basata sulle elezioni? Diremmo che siamo all'inizio della seconda fase: l'idea che all'attuale sistema di governo se ne possa sostituire uno basato su sorteggio e temporaneità degli incarichi, dove siano finalmente tutti i cittadini e le cittadine a governare a turno, al momento rientra nelle "idee radicali, vietate con qualche eccezione". Tocca a tutti noi lavorare quotidianamente per diffondere sempre più la nostra convinzione e farla arrivare al terzo passaggio, quello di una cosa "accettabile" che va oltre il divieto e poi ancora spostarla nel territorio delle idee "sensate, razionalmente difendibili". Non è un compito facile, perché la "grande informazione" (giornali e tivù) sono in mano ai burattinai delle aristocrazie elettive. Oggi c'è però la Rete (oltre alla diffusione libraria) che può fare da trasmettitore di pensiero.

Non stanchiamoci dunque mai di portare almeno su internet la nostra idea. Cominciando col condividere questo post.


venerdì 7 giugno 2019

La Sorte dei giudici


Mentre il Consiglio Superiore della Magistratura viene scosso, e non è la prima volta, da accuse di corruzione, vale forse la pena ricordare che da tempo, per evitare "il mercato politico delle vacche" in seno alla magistratura, più d'uno aveva avanzato la proposta di passare a estrarre a sorte i magistrati del CSM, come possiamo leggere in un articolo dell'anno scorso e come già nel 2014 invitava a fare Carlo Nordio.


Nell'articolo linkato, l'ex magistrato dichiara che "c’è un solo modo per attenuare il peso delle correnti e anche quello politico del CSM: estrarre a sorte i giudici che devono far ne parte. E, soprattutto, non far più nominare alcuni membri dal Parlamento. Con un Consiglio Superiore della Magistratura formato da soli giudici si garantisce un’assoluta indipendenza dal poter politico. Oltre, ovviamente, a garantire la separazione dei poteri."
Al giornalista che gli chiede cosa intende per "estrarre a sorte", risponde: "Esattamente quello che ho detto: estrarre a sorte i nomi pescando in un bacino di giudici che hanno avuto almeno quattro promozioni durante la loro carriera. In questo modo è sicuro che qualunque nome verrà estratto farà parte per forza dei migliori della categoria."

Il fatto che non si sia ancora optato per questa soluzione la cui praticità ed efficacia è lampante, dimostra una volta di più quanto i Signori Politici siano attaccati al loro potere di controllo su tutto ciò che li circonda, dalla magistratura alla tivù pubblica. Anche per liberarci di loro "c'è un solo modo": passare a una reale democrazia basata sul sorteggio e una nuova architettura istituzionale, in modo che a prendere le decisioni di governo siano, a turno, tutti i cittadini e le cittadine giacché come ci insegna Jacques Rancière "Il buon governo è il governo di coloro che non desiderano governare".





A che serve un presidente?

Con la grancassa di giornali e tivù (e inevitabili riverberi sui social) sta andando in onda l'elezione del presidente della repubblica....