mercoledì 13 maggio 2020

Utopia, distopia, democrazia


Per il n. 19 di quest'anno il settimanale FilmTV si è dato come tema la Distopia. Nel cinema, naturalmente. Le riflessioni contenute nell'editoriale di Giulio Sangiorgio dal grande schermo si spingono però anche sul terreno della politica, ed è quello che ci interessa di più.
Vediamo prima il significato dei due termini (come definiti dalla Treccani):

utopìa s. f. [dal nome fittizio di un paese ideale, coniato da Tommaso Moro nel suo famoso libro Libellus ... de optimo reipublicae statu deque nova Insula Utopia (1516), con le voci greche οὐ «non» e τόπος «luogo»; quindi «luogo che non esiste»]. – Formulazione di un assetto politico, sociale, religioso che non trova riscontro nella realtà ma che viene proposto come ideale e come modello; il termine è talvolta assunto con valore fortemente limitativo (modello non realizzabile, astratto), altre volte invece se ne sottolinea la forza critica verso situazioni esistenti e la positiva capacità di orientare forme di rinnovamento sociale (in questo senso utopia è stata contrapposta a ideologia).

distopìa s. f. [comp. di dis- e (u)topia]. – Previsione, descrizione o rappresentazione di uno stato di cose futuro, con cui, contrariamente all’utopia e per lo più in aperta polemica con tendenze avvertite nel presente, si prefigurano situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi (equivale quindi a utopia negativa).


Nel suo editoriale, Sangiorgio afferma che, in film e telefilm, "oggi le distopie non raccontano il fallimento di un pensiero alternativo al mondo come lo conosciamo, la caduta di uno slancio verso un futuro migliore, con regole diverse. No. Le distopie raccontano il mondo così com'è, basato su un sistema che nessuno mette in dubbio, neoliberista e mercificato, iperconnesso e tracciato, fatto di Realpolitik e fake news (...) ma non c'è nessuno che immagina un'alternativa a questo sistema. Sono distopie al presente, non al futuro. Non sono i fallimenti di un'utopia: sono possibili crisi di caratteri di oggi, pensieri negativi sul nostro presente. Sono qui, ora, anche se riportano date futuribili. (...) La distopia è quello che c'è già perché oggi nessuno prova a immaginarla, l'utopia, il luogo del bene, il luogo che non c'è."
E qui passiamo a quello che ci riguarda: "E' una questione politica. (...) L'impossibilità di pensare a un'alternativa."

In realtà, chi ci segue lo sa, qualcuno un'alternativa l'ha pensata: David Van Reybrouck nel suo "Contro le elezioni" e più modestamente noi con "Democrazia davvero". Come Sangiorgio siamo consapevoli di vivere una distopia: quella del sogno di un governo del popolo che ci hanno fatto credere di aver realizzato col sistema rappresentativo basato sulle elezioni. Ma come ci insegna Simone Weil, in questo sistema che continuano a spacciarci per democrazia, di democratico non c'è davvero niente.


Così, quando l'utopia si è realizzata, l'ha fatto in forma di oligarchia o Aristocrazia Elettorale: una distopia che ci accompagna, avvolge, sommerge e incatena addormentando il pensiero e negando ogni speranza per il futuro. E quando proponiamo il nostro progetto capita perciò spesso che ci venga detto: "Bello, ma è un'utopia". E noi rispondiamo che, sì, è un'utopia, cioè il sogno a cui dobbiamo volgere le nostre menti e indirizzare la nostra azione. L'alternativa è quella di continuare a vivere l'attuale, disperante distopia, lamentandocene giorno dopo giorno e immaginando che questa possa cambiare grazie all'opera di un "uomo diverso" (se non un "uomo forte") uscito chissà per quale miracolo da una macchina costruita per produrre solo replicanti sempre più scadenti degli esemplari di politici di professione funzionali al sistema, interessati solo alla propria rielezione e al mantenimento dei propri privilegi.

A noi la distopia a cui ci hanno condannato non piace, e per questo continueremo a perseguire la nostra utopia e sognare un'alternativa. Quella di una reale democrazia.




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