mercoledì 3 aprile 2019

La presa per... le urne


Questa oligarchia travestita da democrazia appare ormai schizofrenica: da un lato arranca, con metà degli elettori che ormai non fanno neanche più la fatica di andare a votare, tanta è la disillusione (e il disgusto) nei confronti di partiti e politici; dall'altro svela spudoratamente la sua reale natura fregandosene di partiti ed elezioni mettendo il potere direttamente nelle mani di chi l'ha sempre avuto: impresa e finanza; i notabili, che hanno servito fedelmente la causa fino a qualche anno fa condividendo alcuni privilegi, sono infatti anche loro ormai praticamente inutili.

Cominciamo con le elezioni. Alle varie tornate recenti di elezioni regionali, il dato appare costante nelle varie zone d'Italia interessate: a votare è andato circa il 53% degli aventi diritto. In pratica, un elettore su due sembra aver capito che andare a votare è tempo perso, come ci insegnava Benjamin Constant.



Nel dettaglio: in Abruzzo l'affluenza è stata del 53,125%, con un calo, rispetto al 61,55% della precedente tornata, dell'8,43% (fonte: Fanpage.it).

In Sardegna alle urne si è recato il 53,75% degli elettori, con un più 1,5% rispetto al 2014 (fonte: Sky TG24).

In Basilicata ha votato il 53,58%, rispetto al precedente 47,62% del 2013 (fonte: Sassilive.it).
Non sono numeri da record negativo: nel 2014, alle regionali dell'Emilia Romagna l'affluenza fu del 37,71%, con un vero e proprio crollo rispetto al 68,07 del 2010 (fonte: Banca Dati Elettorale dell'Assemblea Legislativa/Regione Emilia Romagna).
Per noi che sosteniamo la necessità di un passaggio a una forma di governo realmente democratica che faccia a meno di partiti ed elezioni e metta il governo del paese direttamente nelle mani di cittadini e cittadine, dovrebbe essere una buona notizia, ma non lo è. Purtroppo questo rifiuto delle elezioni non è dettato dalla consapevolezza della natura del sistema e dunque dal desiderio di passare a un altro, davvero democratico, ma solo dall'aver verificato la distanza tra istituzioni (che però non vengono messe in discussione) e cittadini, e dal disgusto per come - con la fine delle ideologie, di cui nessuno auspica il ritorno, sia chiaro - il personale politico sia diventato, per insipienza e avidità, assolutamente impresentabile.


Se questa è la situazione delle istituzioni più prossime alla popolazione, che dire di quelle più lontane, stanziate a Bruxelles? Si stanno avvicinando le elezioni Europee, e per evitare un'affluenza alle urne ancora più bassa di quella delle Regionali, partiti e media stanno battendo da mesi la grancassa dell'allarme: populisti, fascisti, nazisti e terroristi (per non parlar dei migranti) minacciano la nostra Santa Democrazia! Il gioco, è facile prevederlo, funzionerà una volta di più, e le posizioni così radicalizzate spingeranno le candide anime degli spaventati elettori dei vari schieramenti a correre ancora alle urne in gran numero per... l'ennesimo voto assolutamente inutile, come argomentava Alexis de Tocqueville.


Voto doppiamente ininfluente, nel caso dell'Europa, perché come spiega il sociologo tedesco Wolfgang Streeck (foto sotto) in un'intervista riportata da il manifesto, queste elezioni non servono a niente, giacché "Il vero potere legislativo è diviso fra il Consiglio e la Corte di giustizia, quindi il voto per il parlamento di Strasburgo non avrà conseguenze politiche". E aggiunge: "L’UE è una comunità di governi ed élite nazionali che agiscono a livello continentale per poter realizzare politiche di austerità, sottraendosi alla responsabilità di fronte agli elettori. I popoli della periferia che si ribellano, come in Grecia, poi vengono puniti. Per interrompere questo ciclo serve una radicale democratizzazione di fronte a un’istituzione tecnocratica come l’Ue".



Naturalmente la "democratizzazione" auspicata da Streeck è solo la solita oligarchia nella quale qualche potere (comunque teleguidato da industria e finanza) torna ai politici. Temiamo che non otterrà nemmeno quella: quando il sistema occidental-capitalista azzanna qualcosa non la molla facilmente, e l'attuale struttura della politica europea dove le decisioni sostanziali vengono prese dai nominati e non dagli eletti funziona troppo bene, per chi effettivamente governa.

Il sociologo prosegue auspicando la conquista di "spazi di azione ‘in basso’ in cui realizzare politiche sociali". In basso c'è un'unica cosa che può spostare la bilancia dagli assetti di potere esistenti: una reale democrazia. Ogni cambiamento interno al sistema oligarchico non muterebbe niente di significativo.

Perciò, per parte nostra, continueremo il nostro capillare, lento lavoro di informazione per svelare l'effettiva natura dell'attuale pseudo democrazia. Quanto alle elezioni, continueremo a tenercene alla larga, osservando malinconicamente come i cittadini vengono, ancora e ancora, presi per... le urne.


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