venerdì 13 luglio 2018

Nostalgie epistocratiche



Nelle ultime settimane affiora sempre più, nel dibattito (nel chiacchiericcio?) politico sui giornali e in rete un bisogno crescente di avere al governo politici "competenti". E' l'antico sogno del Governo dei Migliori, il desiderio di essere governati da "uomini dotati di molta saggezza per ben discernere, e molta virtù per perseguire il comune bene della società; e, in secondo luogo, di prendere le precauzioni più efficaci affinché essi si mantengano onesti per tutto il periodo in cui durerà il loro mandato", come si legge nel n. 57 dei Federalist Papers di fine Settecento. Un governo dei genere viene definito "epistocratico", cioè un governo dei "competenti". L'ipotesi torna alla ribalta anche nel libro di Jason Brennan "Contro la democrazia".



L'autore, dopo aver analizzato impietosamente l'attuale sistema di governo dei principali paesi occidentali e non solo, propone di sperimentare una forma di governo “epistocratica” che sia compatibile con parlamenti, elezioni e libertà di parola, ma distribuisca il potere politico in proporzione a conoscenza e competenza. Nella prefazione al volume, il giurista Sabino Cassese dice che questa cosa era in qualche modo in vigore finché le elezioni erano svolte sulla base del censo (e riservate ai maschi, naturalmente; all'epoca, le donne politicamente erano equiparate ai poveracci indipendentemente dalla loro condizione sociale ed economica: comunque inadatte a dire la loro sulla conduzione di un Paese) ma oggi, con il sopravvenuto suffragio universale, non più praticabile. Anche se. Cassese, da buon conoscitore della Costituzione, ci rivela che una piccola scappatoia a tanto universalismo, in realtà, la nostra Carta la contiene. Citiamo:

(...) la Costituzione prevede che la Repubblica abbia il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono l’“effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”. Quindi, la Costituzione assume che vi siano diseguaglianze di diverso ordine che ostacolano l’effettiva partecipazione politica. I due problemi sollevati dalla dissimmetria, quello dei cittadini non educati e quello dei delegati non competenti, sono stati notati presto dagli osservatori. Ad esempio, John Stuart Mill, nelle Considerazioni sul governo rappresentativo, distingueva cittadini attivi e passivi, sia per cultura politica, sia per interesse. E James Burnham e Jean Meynaud affacciavano nelle loro opere la possibilità che al governo fossero chiamati dei tecnici (tecnocrazia). Di fatto, per circa un secolo, il vuoto creato dal suffragio universale, che non assicura la scelta secondo kratos, aretè ed episteme insieme, è stato riempito da un altro sistema di formazione e di selezione: gli stati hanno delegato il compito di superare le diseguaglianze tra i cittadini, ai fini della partecipazione politica, ai partiti, che hanno svolto il compito di “palestra” per la “Bildung” e la selezione dei candidati. I partiti politici, quindi, hanno supplito gli stati in un compito essenziale, quello di portare persone capaci e con esperienza alla guida di quella macchina complessa che sono oggi i poteri pubblici. Ma, a un certo punto, anche i partiti sono venuti meno, si sono “liquefatti”. 

Cassese, ritenendo che nel nostro sistema i poteri si controllino a vicenda e siano in parte frutto di elezioni e in parte del risultato di appositi concorsi, non condivide del tutto la teoria di Brennan per la quale "parlamenti, elezioni in concorrenza e libertà di parola sono compatibili con un regime epistocratico" e "l’unica differenza sarebbe che i cittadini non avrebbero eguale diritto di votare e di essere votati" (insomma, l'istituzione di una specie di patente dell'elettore e del candidato). Il giurista è convinto che ci sia comunque spazio per una ulteriore "epistocratizzazione" della politica. Sfruttando l’articolo 48 della Carta che pur ponendo accurati limiti a questa possibilità (esso dispone che “il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicata dalla legge”), apre contemporaneamente due spiragli: proprio quello della incapacità civile e quello della riserva di legge finale. E anche se "oggi il suffragio universale è il meccanismo principale per dare legittimità al governo e non se ne può fare a meno, requisiti ulteriori di candidabilità possono essere disposti, insieme ad azioni positive che diano un contenuto al principio di eguaglianza in senso sostanziale".
In pratica, ci pare di capire, in attesa che ogni cittadino e cittadina si acculturi e sia dunque in grado di votare e candidarsi in modo "competente"... mettiamo pure 'ste benedette patenti.

Se serve un governo di "competenti", però, tanto vale eliminare del tutto le elezioni e attuare la proposta che avevamo provocatoriamente avanzato nelle more delle ultime elezioni politiche: scegliamo parlamentari e ministri tramite concorso pubblico!
Naturalmente a noi tutte le considerazioni dei Brennan e dei Cassese, essendo figlie dell'equivoco che continua a considerare democrazia quella che è una tipica oligarchia, ci sembrano ben poco utili per portare un reale cambiamento; al massimo possono rendere un po' più "presentabile" l'attuale sistema in modo da continuare a lasciare cittadine e cittadini fuori dal governo dei loro Paesi. Scusateci, ma preferiamo una reale democrazia.




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