Dalla Quinta Parte di "Democrazia davvero":
COME È CAMBIATO IL MONDO, COME SIAMO CAMBIATI NOI
Il “luogo” dell’oligarchia
travestita da democrazia è l’Occidente. Non inteso
geograficamente, ma come “categoria dello spirito”. E
dell’economia.
Serge
Latouche, professore
emerito di Scienze economiche all’Università di Parigi XI e
all’Istituto di Studi sullo Sviluppo Economico e Sociale
della
capitale francese, nel suo
saggio “L’occidentalizzazione del mondo” ci conferma che
l’Occidente “non è più l’Europa, né geografica, né storica;
non è più nemmeno un complesso di credenze condivise da un gruppo
umano che vaga per il pianeta; proponiamo di leggerlo come una
macchina
impersonale, senza anima e ormai senza padrone, che ha messo
l’umanità al proprio servizio. (...) Il movimento di
occidentalizzazione ha una forza terrificante. Abolisce persino le
differenze di genere. Se emancipa dai legami della tradizione, la
ragione sulla quale pretende di fondarsi ha di che dare le vertigini.
La sua dismisura compromette la sopravvivenza dell’uomo e del
pianeta”. (...)
La
marcia apparentemente inarrestabile del Sistema occidentalizzante ha
trasformato uomini e donne da cittadini in consumatori, epperò non è
ancora riuscita a deculturizzarli del tutto: valori legati alla
tradizione e al territorio, legami affettivi e familiari che trovano
fondamento nella storia e non nel brutale funzionamento della
Macchina ancora esistono e resistono. “La
deculturazione non è totale”, scrive Latouche. “Certo, il
consumo tende a sostituirsi a qualsiasi altra identificazione
culturale”.
Un
fenomeno che viene da lontano. Dall’analisi
dell’America del suo tempo ("La democrazia in America", 1835-40), il filosofo, politico, giurista e sociologo Alexis de Tocqueville trasse
un’agghiacciante ed esatta previsione del mondo futuro: “Se cerco
di immaginare il dispotismo moderno, vedo una folla smisurata di
esseri simili e uguali che volteggiano su sé stessi per procurarsi
piccoli e meschini piaceri di cui si pasce la loro anima… Al di
sopra di questa folla, vedo innalzarsi un immenso potere tutelare,
che si occupa da solo di assicurare ai sudditi il benessere e di
vegliare sulle loro sorti. È assoluto, minuzioso, metodico,
previdente, e persino mite. Assomiglierebbe alla potestà paterna, se
avesse per scopo, come quella, di preparare gli uomini alla virilità.
Ma, al contrario, non cerca che di tenerli in un’infanzia perpetua.
Lavora volentieri alla felicità dei cittadini ma vuole esserne
l’unico agente, l’unico arbitro. Provvede alla loro sicurezza, ai
loro bisogni, facilita i loro piaceri, dirige gli affari, le
industrie, regola le successioni, divide le eredità: non toglierebbe
forse loro anche la forza di vivere e di pensare?”
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