giovedì 15 ottobre 2020
Cambiamo sistema
domenica 4 ottobre 2020
E' la stampa, bellezza!
Leonardis già nel 2016 aveva rilevato Il Centro di Pescara da Gedi (all’epoca ancora in mano alla famiglia De Benedetti), per poi cederlo a sua volta nel 2019. Quanto basta per mettere in agitazione i giornalisti delle testate interessate il cui sindacato ha dichiarato diverse giornate di sciopero per il timore che il passaggio “a compratori estranei al mondo dei quotidiani" possa “disperdere un patrimonio editoriale radicato nei territori di riferimento. L’operazione in corso è particolarmente grave, nelle dinamiche e negli effetti, perché porterà alla distruzione dell’esperienza che da più di 40 anni rappresenta Finegil: un’informazione locale libera e indipendente legata a un grande gruppo editoriale”, si legge nel primo comunicato dei giornalisti rilasciato ieri. Questo ha garantito giornali di qualità in decine di province italiane. E’ evidente che l’intenzione, se confermata, di vendita a editori che mai hanno fatto questo mestiere, distrugge questo modello e indebolisce l’intero sistema informativo italiano”.
Siamo dunque umanamente dispiaciuti per tutti i collaboratori e collaboratrici di quelle testate che, in conseguenza di queste cessioni, dovessero trovarsi, con le loro famiglie, in situazioni di disagio economico, ma per favore risparmiamo le geremiadi sui giornali "liberi e indipendenti". In Italia ce ne sono pochissimi, e non è certo il caso delle testate locali della Gedi dove i giornalisti hanno sempre aderito, per convinzione o convenienza, alla linea dettata da un editore tutt'altro che "puro", sia quando lo era De Benedetti che quando lo è diventato la famiglia Agnelli. Di certa "libera stampa" facciamo volentieri a meno.
sabato 26 settembre 2020
C'è scritto sul giornale
Perché si parli di sorteggio sui media nazionali ci vuole una sparata di Beppe Grillo. Che, per fortuna, ogni tanto la fa, costringendo i giornali e le tivù a parlarne. Naturalmente, la RAI governata dai partiti, e giornali e canali televisivi padronali lo fanno prendendo le distanze. In due modi: o ironizzando, a evidenziare come il tema sia talmente ridicolo da non meritare altro che un sorriso di sufficienza, o argomentando seriosamente sciorinando gli abituali luoghi comuni sulla Costituzione o citazioni più o meno a vanvera di Lincoln o Churchill. In entrambi i casi riescono a dimostrare una cosa sola: di ignorare tutto quello che riguarda la materia, non essendosi minimamente applicati allo studio della stessa.
Per fortuna esistono ancora, nell'informazione, alcuni spazi indipendenti frequentati da professionisti dalla mente abbastanza aperta. E' il caso de il Fatto Quotidiano che ha ospitato in questi giorni un articolo di Mario Staderini. Potete leggerlo per intero nell'immagine qui sotto.
mercoledì 13 maggio 2020
Utopia, distopia, democrazia
Per il n. 19 di quest'anno il settimanale FilmTV si è dato come tema la Distopia. Nel cinema, naturalmente. Le riflessioni contenute nell'editoriale di Giulio Sangiorgio dal grande schermo si spingono però anche sul terreno della politica, ed è quello che ci interessa di più.
Vediamo prima il significato dei due termini (come definiti dalla Treccani):
utopìa s. f. [dal nome fittizio di un paese ideale, coniato da Tommaso Moro nel suo famoso libro Libellus ... de optimo reipublicae statu deque nova Insula Utopia (1516), con le voci greche οὐ «non» e τόπος «luogo»; quindi «luogo che non esiste»]. – Formulazione di un assetto politico, sociale, religioso che non trova riscontro nella realtà ma che viene proposto come ideale e come modello; il termine è talvolta assunto con valore fortemente limitativo (modello non realizzabile, astratto), altre volte invece se ne sottolinea la forza critica verso situazioni esistenti e la positiva capacità di orientare forme di rinnovamento sociale (in questo senso utopia è stata contrapposta a ideologia).
distopìa s. f. [comp. di dis- e (u)topia]. – Previsione, descrizione o rappresentazione di uno stato di cose futuro, con cui, contrariamente all’utopia e per lo più in aperta polemica con tendenze avvertite nel presente, si prefigurano situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi (equivale quindi a utopia negativa).
In realtà, chi ci segue lo sa, qualcuno un'alternativa l'ha pensata: David Van Reybrouck nel suo "Contro le elezioni" e più modestamente noi con "Democrazia davvero". Come Sangiorgio siamo consapevoli di vivere una distopia: quella del sogno di un governo del popolo che ci hanno fatto credere di aver realizzato col sistema rappresentativo basato sulle elezioni. Ma come ci insegna Simone Weil, in questo sistema che continuano a spacciarci per democrazia, di democratico non c'è davvero niente.
Così, quando l'utopia si è realizzata, l'ha fatto in forma di oligarchia o Aristocrazia Elettorale: una distopia che ci accompagna, avvolge, sommerge e incatena addormentando il pensiero e negando ogni speranza per il futuro. E quando proponiamo il nostro progetto capita perciò spesso che ci venga detto: "Bello, ma è un'utopia". E noi rispondiamo che, sì, è un'utopia, cioè il sogno a cui dobbiamo volgere le nostre menti e indirizzare la nostra azione. L'alternativa è quella di continuare a vivere l'attuale, disperante distopia, lamentandocene giorno dopo giorno e immaginando che questa possa cambiare grazie all'opera di un "uomo diverso" (se non un "uomo forte") uscito chissà per quale miracolo da una macchina costruita per produrre solo replicanti sempre più scadenti degli esemplari di politici di professione funzionali al sistema, interessati solo alla propria rielezione e al mantenimento dei propri privilegi.
A noi la distopia a cui ci hanno condannato non piace, e per questo continueremo a perseguire la nostra utopia e sognare un'alternativa. Quella di una reale democrazia.
domenica 22 marzo 2020
Cosa cambierebbe in una vera democrazia
martedì 28 gennaio 2020
Ritrovare la speranza
Un numero sempre maggiore di persone decide di non votare più. Se alle elezioni regionali di Emilia e Romagna l'affluenza è stata ancora abbastanza alta (oltre il 60%) perché una volta di più i comunicatori dei due opposti schieramenti, Salvini da una parte e le Sardine-piddine dall'altra, sono riusciti a far credere che fossero in ballo le sorti dell'intero pianeta o quasi, in Calabria ci è fermati a un mesto 44%, in linea con quanto succede ormai da almeno vent'anni: un po' di cifre (e riflessioni) le abbiamo postate qui. Altre potete trovarle qui.)
Cittadini e cittadine disertano le urne per vari motivi: alcuni non trovano più un organismo politico che ne rappresenti le istanze, altri lo fanno per protesta contro la pessima gestione della cosa pubblica o per sfiducia nell'attuale ruolo della politica e/o nel comportamento dei politici quotidianamente pescati con le mani nel sacco in casi di corruzione e intrallazzi vari.
E se la Sardine di turno (come prima di loro i Girotondi...), con le loro facce fresche di gioventù sono brave a riportare qualcuno al voto contro il Nemico, anch'esso di turno (prima i Comunisti oppure Berlusconi, ora Salvini e il Ritorno del Fascismo, domani chissà), appena passata l'ubriacatura e verificato una volta di più che i politici, anche nell'Emilia che fu "rossa" ed è ormai tristemente piegata ai diktat europei come il resto del Paese, restano dei meri professionisti in carriera interessati solo a sé stessi e abili unicamente nel candidarsi a nuove poltrone (tanto ci sono ogni mese altre elezioni, e quando i posti sono già tutti occupati basta creare una nuova provincia o dividere in due qualche regione, per farne nascere altri dal nulla), torneranno lo sconforto, il disgusto e la rassegnazione. Inevitabile, quando giornali e televisioni ti informano quotidianamente che non c'è alternativa: o la democrazia parlamentare o la tirannia!
Peccato che sia falso. Oltre a quella che chiamano erroneamente (e sfacciatamente!) democrazia e alla tirannia (che ne è uno dei naturali esiti, ne abbiamo già parlato), esiste una terza possibilità: il passaggio a una reale democrazia senza partiti, parlamento e politici di professione.
Per sapere come potrebbe funzionare, nella complessa civiltà odierna, una vera Democrazia che metta il potere decisionale davvero in mano al popolo, leggetevi il libro di Van Reybrouck o il nostro. O, per cominciare a farvene una mezza idea, date un'occhiata al resto del blog, e in particolare a questo post. Perché non c'è niente di più triste e distruttivo della rassegnazione. E sperare si può ancora e si deve, per quanto difficile o utopico possa sembrare riuscire a cambiare sistema.
Sapere che un altro modo di far politica esiste, è il primo passo per tornare a sorridere.
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