martedì 16 luglio 2019

Quant'è brutto il popolo!


Vorremmo fare a meno di scrivere considerazioni sulle periodiche riflessioni di Corrado Augias, ma  - come si dice - "ce le toglie dalle mani".

Ancora una volta, in uno dei suoi consigli di lettura, il giornalista e scrittore torna sull'argomento della democrazia. Naturalmente, quella che lui e i suoi datori di lavoro considerano tale, cioè il sistema oligarchico basato su partiti ed elezioni gestito da quella che Rousseau chiamava l'Aristocrazia Elettiva.

Augias non si dà pace del fatto che - citiamo - "il popolo sovrano voluto dai rivoluzionari americani e francesi nel nome della ragione" si sia rivelato "un popolo incolto, incompetente e povero, dagli umori imprevedibili e brutali." E si domanda, preoccupatissimo, se il sistema - che oggi gli appare "barcollante" - si dimostrerà capace di "digerire elementi incompatibili".

Gli "elementi incompatibili", è ovvio, sono gli avversari politici del Partito Democratico di cui il suo datore di lavoro possiede la tessera n.1: i pericolosissimi "populisti" che, invece di affidarsi ai colti e preparati esponenti della sinistra (benché annacquata) benpensante, conquistano il seguito degli elettori e relativi posti di potere vellicando i peggiori istinti del "popolo incolto, incompetente e povero".



Ovviamente, che il popolo non sia MAI stato "sovrano" all'esimio giornalista non passa neanche per l'anticamera del cervello. Così come il fatto che il sistema scaturito dalle rivoluzioni americana e francese "nel nome della ragione" sia stato scelto dalla borghesia - uscita vincente dallo scontro con regnanti e nobili - non per intenti sinceramente democratici, ma anzi CONTRO ogni possibile ipotesi di governo democratico affidato al popolo, giacché era ben decisa a tenersi stretto il potere appena conquistato. Come continua a fare tuttora, appoggiandosi di volta in volta ai "rappresentanti" (di sé stessi e degli interessi dei reali governanti) che si dimostrano più utili secondo il momento storico. Fascisti e nazisti per opporsi alla montante rivolta proletaria nella prima metà del secolo scorso; governi più o meno socialdemocratici per reggere quanto basta il confronto con la propaganda sovietica; governi ultraliberisti ora che il pericolo comunista è svanito dall'orizzonte.


L'attuale confusione politica dipende solo da questo: attualmente economia e finanza non hanno più bisogno di governi "credibili" dietro cui celarsi. Ormai governano direttamente, e con le istituzione europee in mano a un pugno di nominati capaci di piegare con le leve economiche gli pseudogoverni più riottosi (vedi Grecia), si disinteressano quasi totalmente del giochino elettorale. Ecco perché gli augias si ritrovano frastornati e vivono questo senso di abbandono: sentono di essere ormai diventati inutili, come cagnolini che continuano a scodinzolare a un padrone che non ha più interesse nemmeno a nutrirli.


Quanto al popolo, per quanto brutto e ignorante sia, anche lui sente di essere stato completamente abbandonato alle tempeste della speculazione e delle migrazioni selvagge causate dalle dissennate politiche dell'ingordigia economica e finanziaria. E reagisce nell'unico, quanto inefficace e controproducente, modo che gli resta: con una rabbiosa guerra tra poveri che i politici si affrettano a sfruttare, in un verso e nell'altro, per guadagnarsi-mantenersi una fetta del potere, sì svuotato di sostanza, ma comunque ancora lucroso.

Solo quando il tanto vituperato popolo riuscirà a prendersi il potere che gli spetta attuando una REALE democrazia, tutto questo potrà forse cambiare. Fino a quel momento, rassegniamoci ai piagnistei di Augias e alle momentanee ascese dei governanti riusciti a salire sull'onda giusta. Che, nell'epoca della "politica dello spettacolo" (Bernard Manin), è destinata a infrangersi sempre più rapidamente sugli scogli dell'insoddisfazione popolare.



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